martedì 9 dicembre 2014

Huber Matos: Castro voleva far sparire il capo delle Forze Armate Rivoluzionarie Camilo Cienfuegos

Il comandante Huber Matos si trovava prigioniero nel Castello del Morro all’Avana quando ricevette la notizia che Camilo Cienfuegos, uno dei comandanti più carismatici della rivoluzione di Fidel Castro, era scomparso.
«Pensai subito che Fidel lo avesse ucciso e che fosse una diretta conseguenza della mia situazione personale», ha detto Huber Matos, che ha trascorso venti anni in carcere per aver denunciato l’infiltrazione comunista nel governo di Castro
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La scomparsa di Cienfuegos - avvenuta il 28 ottobre del 1959 - è uno dei misteri più imperscrutabili della storia di Cuba. Il governo festeggia questa data esaltando un martire della rivoluzione, mentre i critici del regime rinnovano le accuse di assassinio politico. Nessuno ha mai avuto la certezza di come Camilo sia morto - ufficialmente disperso in mare dopo la caduta di un aereo da turismo -, anche se per decenni si è parlato di testimonianze e di presunte cospirazioni.
Il 28 ottobre di ogni anno, i bambini delle scuole cubane gettano fiori nel mare e nei fiumi per commemorare Cienfuegos. L’anno scorso, nel cinquantesimo anniversario della scomparsa, una scultura in acciaio del suo volto è stata collocata sulla facciata di un edificio di Piazza della Rivoluzione, vicino a quella di Ernesto Che Guevara, morto in Bolivia nel 1967. Il biglietto da 20 pesos di Cuba presenta la sua immagine, un’università della provincia di Matanzas porta il suo nome e c’è pure un museo a lui dedicato a Yaguajay, scenario della sua più famosa battaglia nel corso della rivoluzione.
Figlio di anarchici spagnoli che erano giunti a Cuba in fuga dalla Guerra Civile, Cienfuegos si unì al movimento di Castro in Messico, sbarcò sull’isola con la spedizione del “Granma” nel 1956 e raggiunse il grado di comandante, il grado più alto tra i guerriglieri che combatterono contro il dittatore Fulgencio Batista. Alla testa di una colonna di 700 uomini, la sua presa della caserma dell’esercito a Yaguajay - il 30 del dicembre del 1958 - aprì ai ribelli la strada per L’Avana e costrinse Batista alla fuga dal Paese. Cienfuegos fu nominato capo delle Forze Armate Rivoluzionarie, e con il suo aspetto giovanile, il suo caratteristico cappello da cowboy, la sua simpatia e il sorriso facile, divenne uno degli eroi più amati della rivoluzione. Una volta lo videro sulla spiaggia di Siboney, nelle vicinanze di Santiago de Cuba, in Oriente, addormentato all’ombra di una palma, con la camicia dell’uniforme aperta al sole e senza guardie del corpo, ma solo con la mitragliatrice Thompson tra le gambe.
«Cienfuegos e Castro non andavano molto d’accordo», ricorda Huber Matos, che adesso vive a Miami e dirige il movimento Cuba Indipendente e Democratica. «Cienfuegos si era lamentato spesso della crescente infiltrazione comunista nelle file della rivoluzione», ha detto Matos a El Nuevo Herald. Matos sostiene di aver sentito Camilo discutere spesso con Castro su questo tema. Matos ha aggiunto: «Castro aveva cominciato a criticare Cienfuegos alla metà di gennaio del 1959, definendolo trasandato, ubriacone e bohémien. Sosteneva che le donne lo facevano uscire di senno». Matos ha raccontato che Castro gli disse: “Il popolo lo ama, ma lui è un incapace”.
Matos sostiene che Castro fosse geloso della popolarità raggiunta da Cienfuegos. «Fidel è molto geloso. Se il popolo applaude un altro, a lui fa molto male», ha aggiunto l’ex comandante.
Quando Matos spedì a Castro una lettera con la quale rinunciava al comando della provincia di Camagüey a causa della crescente influenza comunista nella rivoluzione, Castro mandò Cienfuegos ad arrestarlo. Cienfuegos arrestò Matos a Camagüey il 21 ottobre, e in quel frangente disse ad alcuni giornalisti che Matos stava cospirando contro Castro. Al tempo stesso negò che i comunisti stessero esercitando eccessiva influenza sulla rivoluzione.
Il 30 ottobre, il governo annunciò che Camilo era scomparso dal 28 ottobre, quando il suo aereo da turismo bimotore Cessna 310 era decollato da Camagüey in direzione dell’Avana. Il suo cadavere non è stato mai recuperato, così come non sono mai stati ritrovati i resti dell’aereo precipitato in mare.
Matos era già recluso in una cella del Morro, la fortificazione coloniale che si affaccia sulla baia dell’Avana, in attesa del giudizio che lo avrebbe condannato a vent’anni di carcere. Pochi giorni dopo il suo arresto, Castro organizzò una manifestazione per denunciare Matos come traditore. Cienfuegos fu il penultimo a parlare, prima di Castro, ma non fece alcun riferimento alla situazione del presunto colpevole. Matos aggiunge che il 26 ottobre ricevette due lettere segrete di Cienfuegos che si diceva pronto ad aiutarlo a scappare. Matos rifiutò l’offerta perché voleva un regolare giudizio per poter spiegare in pubblico le sue critiche a Castro.
«Sono sicuro soltanto di una cosa: Fidel aveva mille motivi per uccidere Camilo», ha aggiunto Matos in un’intervista rilasciata martedì a El Nuevo Herald. «Per me è sempre stato chiaro. Scelsero il momento migliore per far sparire Camilo. Non so come, ma sono convinto che lo uccisero», ha detto Matos.
Le versioni sulla morte di Cienfuegos sono molte e di svariato tenore, ma nessuna può essere confermata con certezza. Matos sostiene che a Cuba c’è una persona che conosce tutta la verità, ma potrà dirla soltanto quando il governo comunista finirà.



Non resta che attendere.

Gordiano Lupi

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