sabato 16 maggio 2015

Albert Einstein

Albert Einstein (Ulma, 14 marzo 1879 – Princeton, 18 aprile 1955) è stato un fisico e filosofo tedesco naturalizzato svizzero e statunitense.



Oltre a essere uno dei più celebri fisici della storia della scienza, che mutò in maniera radicale il paradigma di interpretazione del mondo fisico, fu molto attivo in diversi altri ambiti, dalla filosofia alla politica, e per il suo complesso apporto alla cultura in generale è considerato uno dei più importanti studiosi e pensatori del XX secolo.
Nel 1905, ricordato come annus mirabilis, pubblicò tre articoli a contenuto fortemente innovativo, riguardanti tre aree differenti della fisica:
dimostrò la validità del concetto di quanto di Planck nell'ambito della spiegazione dell'effetto fotoelettrico dei metalli;
fornì una valutazione quantitativa del moto browniano e l'ipotesi di aleatorietà dello stesso;
espose la teoria della relatività ristretta, che precedette di circa un decennio quella della relatività generale.
Nel 1921 ricevette il premio Nobel per la fisica «per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell'effetto fotoelettrico» e la sua fama dilagò in tutto il mondo soprattutto per la teoria della relatività, in grado, per l'assoluta originalità, di colpire l'immaginario collettivo. Fu una fama insolita per uno scienziato, che durante gli ultimi anni di vita non fece che aumentare, al punto che in molte culture popolari il suo nome divenne ben presto sinonimo di intelligenza e di grande genio.

Albert Einstein nacque a Ulma nel Württemberg, in Germania, 100 km a est di Stoccarda
. I suoi genitori erano Hermann Einstein, proprietario di una piccola azienda che produceva macchinari elettrici, e Pauline Koch. Si sposarono a Stuttgart-Bad Cannstatt. La famiglia era ebraica. Albert frequentò una scuola elementare cattolica e, su insistenza della madre, gli furono impartite lezioni di violino. All'età di cinque anni suo padre gli mostrò una bussola tascabile e Einstein si rese conto che qualcosa nello spazio "vuoto" agiva sull'ago spostandolo in direzione del nord; descriverà in seguito quest'esperienza come una delle più rivelatrici della sua vita.

La circostanza che il suo profitto in matematica fosse scarso è contestata (v. a lato Emilio Segrè). Nell'agosto 1886 infatti Albert riferì alla madre l'ottimo profitto scolastico: "Ieri Albert ha ricevuto la pagella, è nuovamente il primo della classe"[3]. Einstein cominciò a studiare matematica insieme a un amico di famiglia, Max Talmud,[4] che gli procurò testi scientifici come gli Elementi di Euclide ma anche filosofici come la Critica della ragion pura di Kant[4]. All'età di dieci anni iniziò a frequentare il Luitpold Gymnasium ma si rivelò ben presto insofferente al rigido ambiente scolastico, seppur riportando comunque buoni voti sia in matematica che in latino[5]. Suo zio Jakob, inoltre, lo metteva spesso alla prova con problemi matematici che risolveva brillantemente "provando un profondo senso di felicità"[6].
A causa dei continui problemi economici la famiglia Einstein dovette trasferirsi spesso, sin da quando il piccolo Albert non aveva nemmeno due mesi di vita; prima a Monaco, poi nel 1894 a Pavia, dove scrisse il suo primo articolo scientifico, e, due anni dopo a Berna, in Svizzera. Quando la sua famiglia si trasferì a Milano, Einstein, quindicenne, restò in Germania per proseguire gli studi, ma presto li abbandonò invece di diplomarsi e seguì la sua famiglia.
Il suo fallimento all'esame d'ingresso presso il Politecnico di Zurigo, avvenuto nell'autunno del 1895, tentato nonostante non avesse l'età minima richiesta e non superato per insufficienza nelle materie letterarie, fu una dura battuta d'arresto. Fu mandato dalla sua famiglia a Aarau, in Svizzera, per concludere gli studi superiori, dove ricevette il diploma nel 1896. Qui, all'età di diciassette anni rinunciò definitivamente alla cittadinanza tedesca. Nell'ottobre dello stesso anno superò l'esame di ammissione al Politecnico di Zurigo e vi si iscrisse. Nel 1898, Einstein incontrò e si innamorò di Mileva Marić, sua compagna di studi serba[7]. Mileva era l'unica donna ammessa a frequentare il Politecnico Federale svizzero.
Einstein concluse gli studi al Politecnico nel luglio del 1900, superando gli esami finali del diploma con la votazione di 4,9/6, risultando quarto su cinque promossi dei candidati in matematica e fisica, fra cui vi era anche Mileva Marić, che conseguì il voto di 4/6 e venne bocciata. Egli fu altresì l'unico dei diplomati in quell'occasione a non ottenere un posto come assistente al Politecnico di Zurigo[8]. Nel 1900 a Einstein venne garantito un diploma da insegnante dall'Eidgenössische Technische Hochschule e fu accettato come cittadino svizzero nel 1901[9]. In questo periodo Einstein discuteva dei suoi interessi scientifici con un ristretto gruppo di amici, inclusa Mileva. Lui e Mileva ebbero una figlia, Lieserl, nata nel gennaio 1902 e che morì, presumibilmente di scarlattina, l'anno seguente[10].
Quel parto illegittimo compromise gli studi della giovane e promettente Mileva, che pure volontariamente decise di sacrificarsi per la famiglia e la carriera accademica di Albert. Nel 1903, Albert e Mileva si sposarono in Municipio. In seguito Mileva avrebbe dato alla luce altri due figli: Hans Albert (1904), che sarebbe diventato ingegnere, e Eduard (1910) che, nonostante il talento nella musica e negli studi, fu travolto dalla malattia mentale e trascorse gran parte della sua vita tra la casa materna di Zurigo e l'ospedale psichiatrico Burghölzli.
Dopo il diploma Einstein trovò un lavoro all'ufficio brevetti di Berna. Insieme all'amico e collega di lavoro, Michele Besso, fondò un gruppo di discussione chiamato "Accademia Olimpia" dove Einstein discuteva con i suoi amici di scienza e filosofia.

L'Annus Mirabilis 1905

Il 1905 è un anno di svolta nella vita di Einstein e nella storia della fisica. Nel giro di sette mesi, Einstein pubblica sei lavori:
un articolo sull'effetto fotoelettrico, ultimato il 17 marzo, concernente l'estrazione di elettroni da un metallo colpito da quanti di luce (poi denominati fotoni nel 1926), ossia da radiazione elettromagnetica. Questo studio, che gli sarebbe valso il Premio Nobel per la fisica nel 1921, diede una grande spinta alla meccanica quantistica, che come teoria stava prendendo forma proprio in quegli anni (il concetto di quanto era stato ipotizzato nel 1900 da Max Planck);
la tesi di dottorato sul tema "Nuova determinazione delle dimensioni molecolari", pubblicata il 30 aprile. Sarebbe diventato lo scritto di Einstein più citato nella letteratura scientifica degli anni settanta;
un articolo, datato 11 maggio, sul moto browniano, che costituiva uno sviluppo della sua tesi di dottorato;
una prima memoria, in data 30 giugno, dal titolo Zur Elektrodynamik bewegter Körper (Sull'elettrodinamica dei corpi in movimento) che aveva come oggetto l'interazione fra corpi carichi in movimento e il campo elettromagnetico vista da diversi osservatori in stati di moto differenti. La teoria esposta nell'articolo, nota successivamente con il nome di Relatività ristretta (o speciale), risolveva i contrasti tra teoria meccanica e teoria elettromagnetica della luce che avevano caratterizzato la fisica dell'Ottocento, con una revisione dei concetti di spazio e di tempo assoluti;
un'altra memoria sulla relatività ristretta, datata 27 settembre, che conteneva la nota formula E=mc2;
un altro articolo sul moto browniano, pubblicato il 19 dicembre

Il 15 gennaio 1906 Einstein ottenne il dottorato e dal 1908 insegnò a Berna. Nel 1909 Einstein pubblicò Über die Entwicklung unserer Anschauungen über das Wesen und die Konstitution der Strahlung sulla quantizzazione della luce. In questo e in un precedente scritto del 1909 Einstein dimostrò che l'energia dei quanti di Max Planck deve avere una quantità di moto ben definita. Questo scritto introdusse il concetto di fotone (anche se il termine fotone venne introdotto da Gilbert Lewis nel 1926) e ispirò la nozione di dualismo onda-particella nella meccanica quantistica. Nel 1911 si trasferì a Praga e nel 1914 fu nominato direttore dell'Istituto di Fisica dell'Università di Berlino, dove rimase fino al 1933. Mileva invece restò con i figli a Zurigo e nel 1919 i due divorziarono; nello stesso anno Einstein sposò in seconde nozze la cugina Elsa Einstein, cui restò legato fino alla morte di lei, avvenuta nel 1936. In quegli anni effettuò alcune ricerche sulla meccanica statistica e sulla teoria della radiazione.

Nel 1915 Einstein propose una teoria relativistica della gravitazione, indicata come relatività generale, che descriveva le proprietà dello spaziotempo a quattro dimensioni: secondo tale teoria la gravità altro non è che la manifestazione della curvatura dello spaziotempo. Einstein dedusse le equazioni del moto da quelle della relatività speciale valide localmente in sistemi inerziali; dedusse inoltre il modo in cui la materia curva lo spaziotempo imponendo l'equivalenza di ogni possibile sistema di riferimento (da cui il nome di relatività generale). In particolare, il potenziale gravitazionale newtoniano viene reinterpretato come l'approssimazione, per campo debole, della componente temporale del tensore metrico: da questo discende il fatto che il tempo scorre più lentamente in un campo gravitazionale più intenso.
Alla pubblicazione, la teoria della relatività generale venne accolta con scetticismo da parte degli scienziati, perché essa derivava da ragionamenti matematici e analisi razionali, non da esperimenti o osservazioni[11]. Nel 1919 le predizioni fatte dalla teoria furono confermate dalle misurazioni dell'astrofisico Arthur Eddington effettuate durante un'eclissi solare, che verificarono che la luce emanata da una stella era deviata dalla gravità del Sole quando passava vicino a esso[11] Le osservazioni ebbero luogo il 29 maggio 1919 a Sobral, in Brasile, e nell'isola di Príncipe, nello Stato di São Tomé e Príncipe

« Max Planck non capiva nulla di fisica, perché durante l'eclissi del 1919 è rimasto in piedi tutta la notte per vedere se fosse stata confermata la curvatura della luce dovuta al campo gravitazionale. Se avesse capito la teoria, avrebbe fatto come me, e sarebbe andato a letto. »
(Archivio Einstein 14-459)

Da allora esperimenti sempre più precisi hanno confermato le predizioni della teoria della relatività generale, che oggigiorno, solo per citare un'applicazione fra le più note, sono indispensabili al funzionamento dei sistemi GPS.
Nel 1917 mostrò il legame esistente tra la legge di Bohr e la formula di Planck dell'irraggiamento del corpo nero. Nello stesso anno introdusse la nozione di emissione stimolata, che sarebbe poi stata applicata alla concezione del laser.

Il Nobel, la maturità, gli ultimi anni

Nel 1921 ottenne il Premio Nobel per la Fisica per il suo lavoro del 1905 sulla spiegazione dell'effetto fotoelettrico. In quegli anni cominciò a dedicarsi alla ricerca di teorie di campo unificate, argomento che lo appassionò fino alla fine, assieme ai tentativi di spiegazioni alternative dei fenomeni quantistici; la sua concezione del mondo fisico mal si conciliava infatti con le interpretazioni probabilistiche della meccanica quantistica. Il più famoso tentativo in questo senso fu il paradosso EPR (Einstein-Podolsky-Rosen) elaborato con Boris Podolsky e Nathan Rosen.

Frontespizio dell'opera sulla relatività del 1923 (Da BEIC, biblioteca digitale.)
Nel 1927 venne invitato dal governo italiano a partecipare al Congresso internazionale dei Fisici, che si svolgeva quell'anno a Como in occasione del centenario dalla morte di Alessandro Volta. Einstein fu il solo a declinare l'invito per la sua opposizione al regime di Mussolini[12].
Nell'ottobre 1933 si trasferì negli Stati Uniti a causa delle persecuzioni antisemite che già imperversavano. Quando Adolf Hitler salì al potere nel gennaio 1933 Einstein si trovava all'università di Princeton come professore ospite; nello stesso anno venne promulgata in Germania la "Legge della Restaurazione del servizio civile", a causa della quale tutti i professori universitari ebrei furono licenziati. Durante gli anni trenta fu poi condotta dai premi Nobel Philipp von Lenard e Johannes Stark una campagna che etichettò i lavori di Einstein come "fisica ebraica", in contrasto con la "fisica tedesca" o "ariana". Nel 1944, a Rignano sull'Arno, la moglie e le figlie di suo cugino Robert furono uccise, verosimilmente come rappresaglia contro di lui[13], da un reparto delle SS; la strage (a cui si aggiunse l'anno dopo anche la perdita del cugino, che si suicidò) colpì molto Einstein[14], che aveva rinunciato alla cittadinanza tedesca e svizzera diventando cittadino statunitense nel 1940, e che non rientrò più in Europa, rimanendo negli USA fino alla morte.

All'Institute for Advanced Study a Princeton proseguì le sue ricerche, studiando anche alcuni problemi cosmologici e le probabilità delle transizioni atomiche. Negli ultimi anni di vita tentò di unificare le due forze fondamentali allora conosciute, cioè la gravità e l'elettromagnetismo, pur se si può notare che lo studio delle forze nucleare debole e forte era già iniziato; in particolare Enrico Fermi aveva già sviluppato negli anni trenta una teoria di base della forza debole. Nel 1950 descrisse la sua teoria di unificazione, poi rivelatasi parzialmente errata, in un articolo sulla rivista Scientific American.

La casa di Einstein a Princeton
Il 17 aprile 1955 fu colpito da una improvvisa emorragia causata dalla rottura di un aneurisma dell'aorta addominale, arteria che era già stata precauzionalmente rinforzata con un'operazione chirurgica eseguita dal dottor Rudolph Nissen nel 1948. Fu ricoverato all'ospedale di Princeton, dove morì nelle prime ore del mattino del giorno dopo (ore 1.15 del 18 aprile 1955).
Aveva espresso verbalmente il desiderio di mettere il proprio corpo a disposizione della scienza e Thomas Stoltz Harvey, il patologo che effettuò l'autopsia, di propria iniziativa rimosse il cervello e lo conservò a casa propria in un barattolo sottovuoto per circa 30 anni. Il resto del corpo fu cremato e le ceneri furono disperse in un luogo segreto. Quando i parenti di Einstein furono messi al corrente, acconsentirono a che il cervello fosse sezionato in 240 parti da consegnare ad altrettanti ricercatori; la parte più grossa è custodita nell'ospedale di Princeton.

Brevetto per Refrigeratore di Einstein-Szilard
Einstein operò una rivoluzione scientifica di tale portata da poter essere paragonata solo a quella di Isaac Newton. Tramite lo studio sull'effetto fotoelettrico e altri lavori dette impulso anche allo sviluppo della meccanica quantistica, ma non fu mai convinto della piena validità della teoria, non potendone accettare l'aspetto probabilistico (famosa è la sua frase, in polemica con Niels Bohr, "Dio non gioca a dadi")

Sebbene i contributi principali di Einstein siano relativi alla fisica, è indubbio che egli nutrisse un sincero interesse per la filosofia: nella sua vita studiò scritti di carattere filosofico fin dagli anni del liceo (da quando per la prima volta lesse un libro di Kant). Tuttavia egli non si considerò mai un filosofo nel senso stretto del termine: il suo, più che un sistema filosofico, venne definito da Reichenbach un «atteggiamento filosofico»[18].
Come pensatore e filosofo, era mosso da una profonda ammirazione per i sistemi di Spinoza e Schopenhauer. Del primo era particolarmente affascinato dalla concezione olistica, cioè dall'idea del cosmo come di un tutto ordinato secondo le leggi di un'entità panica impersonale, mentre del secondo condivideva la visione disincantata dell'umanità; inoltre, in tutta la produzione saggistica si può notare come lo stile einsteiniano, lineare e al contempo vibrante e ricco di passi altamente suggestivi, sia avvicinabile a quello di alcuni testi del filosofo tedesco (come dimostrano i caustici aforismi). Nell'ambito della filosofia della scienza, egli affermò l'importanza nei suoi studi dell'opera di David Hume e dell'epistemologia di Ernst Mach (da cui si distaccò nella maturità).

Einstein sostenne in più occasioni l'importanza dell'epistemologia nella scienza contemporanea (tanto che negli ultimi anni di vita affermò «La scienza senza epistemologia, se pure si può concepire, è primitiva e informe»[19]) ed egli stesso accompagnò il suo lavoro scientifico con una chiara posizione epistemologica, fino ad arrivare a parlare nella sua Autobiografia scientifica di un «credo epistemologico». In esso egli distingue la totalità delle esperienze sensibili (ovvero i dati offerti dalla natura) dall'insieme dei concetti e delle proposizioni di cui fa uso la scienza (cioè la costruzione teorica); il compito del pensiero logico riguarda solo la parte della costruzione teorica, che però a sua volta assume significato solo dalla connessione, puramente intuitiva e non di carattere logico, con le esperienze sensibili. In altre parole, per Einstein il sistema dei concetti e delle preposizioni di cui fa uso la scienza è una semplice creazione umana che però assume valore e contenuto solo nel momento in cui permette il più possibile di collegare e connettere tra loro i dati sperimentali con la maggiore "economia" (o semplicità) di termini e proposizioni stesse[20].
Alcuni autori hanno evidenziato la rilevanza del pensiero epistemologico di Einstein, come elemento che avrebbe favorito lo scienziato nel formulare un'immagine robusta e coerente della realtà fisica[21].

Einstein era intransigente come scienziato, così come persona; nel 1913 rifiutò di firmare un manifesto a favore della guerra che gli veniva proposto da un buon numero di scienziati tedeschi.
L'autorevolezza di Einstein si fece sentire inoltre non solo nel campo della fisica, ma anche in ambito sociale, politico e culturale, in particolare sul tema della non violenza di Gandhi:
« Credo che le idee di Gandhi siano state, tra quelle di tutti gli uomini politici del nostro tempo, le più illuminate. Noi dovremmo sforzarci di agire secondo il suo insegnamento, rifiutando la violenza e lo scontro per promuovere la nostra causa, e non partecipando a ciò che la nostra coscienza ritiene ingiusto. »

Einstein si considerò sempre un pacifista[22] e un umanista[23], e negli ultimi anni della sua vita, anche socialista e da molti venne considerato comunista. Descrivendo il Mahatma Gandhi, Albert Einstein disse «Le future generazioni difficilmente potranno credere che qualcuno come lui sia stato sulla terra in carne e ossa». «Gandhi, il più grande genio politico del nostro tempo, ci ha indicato la strada da percorrere. Egli ci ha mostrato di quali sacrifici l'uomo sia capace una volta che abbia scoperto il cammino giusto». «Dovremmo sforzarci di fare le cose allo stesso modo: non utilizzando la violenza per combattere per la nostra causa, ma non-partecipando a qualcosa che crediamo sia sbagliato».
Come Gandhi, inoltre, Einstein si fece assertore del valore etico e salutistico del vegetarianismo, abbracciando egli stesso questo stile alimentare

Non fu un sostenitore del sionismo anche se sostenne l'insediamento ebraico nell'antica sede del giudaismo e fu attivo nell'istituzione dell'Università Ebraica di Gerusalemme, in cui pubblicò (1930) un volume intitolato About Zionism: Discorsi e Conferenze del Professor Albert Einstein, e a cui donò i suoi scritti. D'altra parte si oppose al nazionalismo ed espresse scetticismo rispetto alla soluzione di uno stato-nazione ebraico, preferendo la soluzione "binazionale" ("binational solution"), ovvero la creazione di un unico Stato, ma con il riconoscimento di cittadinanza e pari diritti per tutti gli abitanti, a prescindere da etnia o religione. Insieme ad altri intellettuali ebrei (tra cui Hannah Arendt) il 4 dicembre 1948 scrisse una lettera al New York Times[28] in cui veniva fortemente criticata la visita negli Stati Uniti di Menachem Begin, definendo i metodi e l'ideologia del suo partito "Tnuat Haherut" (formato dopo lo scioglimento ufficiale dell'Irgun) come ispirati a quelli dei partiti nazisti. Nel 1950, con altre illustri personalità, si impegnò inutilmente per la salvezza di Milada Horáková, condannata a morte dal regime comunista cecoslovacco. In tarda età (1952) gli fu offerto il posto di secondo capo di stato del nuovo stato di Israele ma declinò l'invito con la giustificazione di non avere le capacità necessarie

La visione religiosa

Benché di famiglia ebraica, Einstein non credeva negli aspetti strettamente religiosi dell'ebraismo ma considerava sé stesso ebreo da un punto di vista culturale. Einstein fu socio onorario della Rationalist Press Association sin dal 1934.
Einstein in età adulta rifiutava nel complesso l'idea di un Dio personale (ritenendola una forma di antropomorfismo) tipica della concezione ebraico-cristiana, come testimonia una lettera personale nel 1954,[30] dove scriveva:
« Io non credo in un Dio personale e non ho mai negato questo fatto, anzi, ho sempre espresso le mie convinzioni chiaramente. Se qualcosa in me può essere chiamato religioso è la mia sconfinata ammirazione per la struttura del mondo che la scienza ha fin qui potuto rivelare. »
E ancora, sulla morte:[30]
« Non riesco a concepire un Dio che premi e castighi le sue creature o che sia dotato di una volontà simile alla nostra. E neppure riesco né voglio concepire un individuo che sopravviva alla propria morte fisica; lasciamo ai deboli di spirito, animati dal timore o da un assurdo egocentrismo, il conforto di simili pensieri. Sono appagato dal mistero dell'eternità della vita e dal barlume della meravigliosa struttura del mondo esistente, insieme al tentativo ostinato di comprendere una parte, sia pur minuscola, della Ragione che si manifesta nella Natura. »
In una sua lettera manoscritta datata 3 gennaio 1954 (quindici mesi prima della morte) indirizzata al filosofo Eric Gutkind, che gli aveva inviato una copia di un suo libro sulla Bibbia, Einstein ribadisce ancora le sue concezioni scrivendo:
« …Per me, la parola Dio non è niente di più che un'espressione e un prodotto dell'umana debolezza, e la Bibbia è una collezione di onorevoli ma primitive leggende, che a dire il vero sono piuttosto infantili. Nessuna interpretazione, non importa quanto sottile, può farmi cambiare idea su questo. Per me la religione ebraica, come tutte le altre, è un'incarnazione delle superstizioni più puerili»

Era affascinato dal panteismo di Spinoza («Io credo nel Dio di Spinoza che si rivela nella ordinaria armonia di ciò che esiste, non in un Dio che si preoccupa del fato e delle azioni degli esseri umani.»), ma rifiutava l'etichetta di panteista. Una volta in risposta alla domanda: «Lei crede nel Dio di Spinoza?», Einstein rispose così:
« Non posso rispondere con un semplice sì o no. Io non sono ateo e non penso di potermi chiamare panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino piccolo che entra in una vasta biblioteca riempita di libri scritti in molte lingue diverse. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri. Egli non conosce come. Il bambino sospetta che debba esserci un ordine misterioso nella sistemazione di quei libri, ma non conosce quale sia. Questo mi sembra essere il comportamento dell'essere umano più intelligente nei confronti di Dio. Noi vediamo un universo meravigliosamente ordinato che rispetta leggi precise, che possiamo però comprendere solo in modo oscuro. I nostri limitati pensieri non possono afferrare la forza misteriosa che muove le costellazioni. Mi affascina il panteismo di Spinoza, ma ammiro ben di più il suo contributo al pensiero moderno, perché egli è il primo filosofo che tratta il corpo e l'anima come un'unità e non come due cose separate »
(Brian, Einstein a life, 1996, p. 127)
Nel complesso Einstein aveva una personale fede religiosa, il cui carattere è ancora oggetto di discussione tra gli studiosi, incentrata sull'idea che l'universo fosse determinato da leggi che il pensiero umano potesse scoprire e comprendere. In questo senso la sua era una fede perché lui stesso riconosceva che non c'erano leggi scientifiche che giustificassero che tutto l'universo fosse, a priori, governato e comprensibile da leggi scientifiche.
Fu accusato di ateismo dal vescovo di Boston O'Connell, che lo accusò altresì di corrompere la morale attraverso queste sue idee, e di questo Einstein ne soffrì molto. In realtà Einstein non aveva nemmeno una grande opinione dell'ateismo militante:[34]:
« Gli atei fanatici sono come schiavi che ancora sentono il peso delle catene dalle quali si sono liberati dopo una lunga lotta. Essi sono creature che – nel loro rancore contro le religioni tradizionali come "oppio delle masse" – non possono sentire la musica delle sfere. »

Nel 1926 gli fu assegnata la Medaglia d'Oro della Royal Astronomical Society.
A Einstein sono stati dedicati:
un elemento chimico, l'einsteinio.
la Medaglia Albert Einstein, che dal 1979 viene consegnato al fisico che si sia particolarmente distinto nel suo ambito di ricerca.
un premio, il Premio Einstein[44].
un asteroide: 2001 Einstein.
un cratere lunare: cratere Einstein.
un'unità di misura: l'Einstein
un osservatorio astronomico: la Torre Einstein

Curiosità

Durante la sua permanenza a Princeton negli anni cinquanta Einstein strinse amicizia con il matematico Kurt Gödel. Pur avendo un temperamento estremamente diverso da lui, Einstein amava poter parlare nella propria lingua madre.[senza fonte]
Tra i vari aneddoti su Einstein ricorre spesso quello secondo cui quando espatriò negli Stati Uniti, sulla richiesta di dichiarare la sua razza d'appartenenza, avrebbe risposto "umana"[45]. Nessun dato reale sembra supportarlo, nell'unico documento sul suo passaggio per Ellis Island risulta invece registrato come ebreo[46].
Negli anni di Princeton, Einstein adottò stabilmente un look del tutto eccentrico per uno scienziato e cattedratico della sua fama. Il fatto è che Einstein ebbe sempre orrore per qualsiasi imposizione, ed a questo suo carattere si dovette la sua bizzarria nel vestire: un maglione, un paio di pantaloni sdruciti e un paio di sandali costituirono in vecchiaia il suo abituale abbigliamento. Spesso si presentava a qualche convegno per tenere conferenze con i pantaloni che facevano le borse e privo di calze, e non si capacitava di come gli altri dessero importanza a simili dettagli, che per lui non altro erano che sciocchezze.
Per Einstein fare della musica - egli fu sempre un provetto suonatore di violino - costituiva una sorta di riposo intellettuale: egli era convinto infatti che anche così il cervello restasse sempre "al lavoro". Si racconta che un giorno un ospite si scusasse con lui per averlo fatto attendere, ad un appuntamento presso un ponte a Praga, ma Einstein gli rispose: "Non si preoccupi, non ho perduto il mio tempo, stavo lavorando" (e nel dirlo si toccò la fronte).

Opere

A.Einstein, Il significato della relatività, Boringhieri, Torino, 1959.
A.Einstein, Come io vedo il mondo, N.C.Roma, 1975.
A.Einstein, Autobiografia scientifica, Bollati Boringhieri, Torino, 1979.
A.Einstein, Pensieri, idee, opinioni (1934-1950), N.C. Roma, 1996.
A.Einstein, Pensieri di un uomo curioso, Mondadori, 1997.
A. Einstein, Leggendo Lucrezio, a cura di Gherardo Ugolini, La Scuola di Pitagora, Napoli 2012.

http://it.wikipedia.org/wiki/Albert_Einstein


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