giovedì 5 maggio 2016

Italia: manco esiste il casellario nazionale dei carichi pendenti

Nonostante il gran discutere di trasparenza e onestà, sulle candidature in pratica non verranno fatti nemmeno i controlli più banali. Un po’ perché la legge si guarda bene dal renderli obbligatori, e poi perché comunque mancherebbero mezzi e strumenti per andare a fondo. Il risultato: tra i 150mila candidati in lista alle prossime elezioni comunali ci sarà di tutto. Ma lo verremo a scoprire, forse, dopo il voto.

Cosa succederà in concreto
Accadrà che le liste, una volta depositate entro mezzogiorno di sabato prossimo, passeranno al vaglio frenetico delle Commissioni elettorali. Entro domenica sera queste Commissioni dovranno aver dato un’occhiata ai documenti, tra i quali è previsto che debba esserci l’autocertificazione del candidato, un modulo nel quale egli (o ella) dichiara di non avere avuto negli ultimi 6 anni condanne definitive: quelle che impedirebbero di candidarsi per effetto della legge Severino. Se il nostro «impresentabile» dichiarerà il falso, chiaro che passerà i guai. Ma prima andrà scoperto, indagato, processato eccetera.

Il lato oscuro della giustizia
E chiedergli intanto un bel certificato penale? La legge non lo esige. Però, se anche lo richiedesse, o saggiamente lo pretendesse il partito di appartenenza, vi leggeremmo soltanto le eventuali condanne definitive. Senza dunque i patteggiamenti, senza i decreti penali di condanna, senza le condanne con «non menzione».
Ma soprattutto, resterebbero fuori del certificato le indagini in corso, di cui talvolta nemmeno i diretti interessati sono al corrente.

Né si troverebbe traccia dei «carichi pendenti», vale a dire dei procedimenti ancora attivi, tipo rinvio a giudizio o condanna in primo e secondo grado. Tra l’altro non esiste nemmeno (il che la dice lunga sullo stato della Giustizia in Italia) un Casellario nazionale di questi carichi pendenti. Col risultato che, se un candidato particolarmente scrupoloso volesse dimostrare la propria coscienza immacolata, dovrebbe chiedere l’attestazione, una per una, a tutte le Procure dell’intero territorio nazionale. «Mission impossible».

L’eccezione dell’Antimafia
Con questo andazzo, il 5 maggio faranno eccezione pochi comuni. Quelli dove si accenderanno i riflettori della Commissione parlamentare antimafia, cui è consentito di scavare più a fondo. Rosy Bindi, che la presiede, è convinta che le elezioni amministrative siano «un’autostrada» per i personaggi poco perbene. Ma, con i mezzi di cui dispone, dovrà limitarsi a 14 Comuni su oltre 1400 alle urne: i casi dove sono state registrate o sospettate infiltrazioni stile «Mafia Capitale» (quindi anche Roma). Sul piano operativo, la Commissione si appoggerà alla Procura nazionale antimafia. Che a sua volta dovrà rivolgersi alle singole Procure, e appellarsi al loro buon cuore.



http://www.lastampa.it/2016/05/03/italia/politica/i-controlli-che-non-si-faranno-sui-candidati-impresentabili-B2g8zlUYrcrtFDpB6raY0L/pagina.html

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