lunedì 16 gennaio 2017

DEMOCRAZIA: NON L’AVEVANO CAPITO PLATONE E ARISTOTELE, MA I SENESI SI’

di Mauro Aurigi



SIENA. Sono vecchio per cui, come tutti i vecchi, non riesco a sottrarmi alla tentazione di fare il pedagogo: quello che segue è diventato una sorta di tormentone con cui tormentare, appunto, anche gli altri.

Dunque immaginiamoci il pianeta senza l’attuale Occidente: tutto il mondo oggi sarebbe solo Africa, Asia e Sud America. Bello vero? Ma perché l’Occidente è più avanzato rispetto al resto del pianeta? C’è una sola risposta: a differenza del resto del mondo l’Occidente ha adottato livelli di democrazia che sono gli unici responsabili del suo plurisecolare primato in quasi tutti i campi: civismo, libertà, giustizia, uguaglianza, cultura, scienza, medicina, ricchezza, potenza militare ecc. (non dimentichiamo che fino al 1200 i tre Orienti ‒ arabo, indiano e cinese ‒ erano molto più avanti dell’Occidente).

Ma anche tra i paesi dell’Occidente odierno ci sono disparità sul piano culturale e socio-economico. Il motivo è lo stesso: i diversi livelli di democrazia applicati. Se esistesse ancora qualche dubbio in proposito, domandatevi i motivi dell’abisso che divide il nord America dal Centro e sud America. E se si guarda alla storia è del tutto evidente che anche in passato il primato della democrazia dava gli stessi frutti. Penso alla Grecia classica e alla Civiltà comunale italiana, le due più grandi rivoluzioni culturali degli ultimi millenni.

NON L’AVEVANO CAPITO PLATONE E ARISTOTELE, MA I SENESI SI’

Forse tutto ciò non è cosa facile da comprendersi, visto che anche a livello dell’intellighentzia nazionale, per non parlare della casta politica, questo argomento è totalmente assente nell’inutile chiacchiericcio che si fa sul modo di rimettere questo Paese (e questa Città) sulla carreggiata. A mo’ di consolazione voglio ricordare che non l’avevano capito neanche Platone e Aristotele, le due menti più celebrate della storia dell’Occidente proprio nel campo della filosofia politica intesa come scienza. Erano infatti contrari al regime democratico, sostenendo il governo dei migliori (gli aristoi). Neanche loro due si erano resi conto che il rigoglio culturale, economico e militare delle città greche, e quindi anche la loro personale e assoluta eccellenza di pensatori (il che è tutto dire), era il frutto diretto di quella democrazia, ossia del governo di popolo senza capi, che essi avversavano

Strano: l’avevano invece capito i nostri padri del medioevo comunale o, comunque, l’avevano capito quelli senesi.

Basta, per convincersene, un’occhiata al ciclo del Buono e Cattivo governo che essi fecero affrescare, proprio nella sala del governo nel Palazzo comunale, da Ambrogio Lorenzetti. Su una parete giganteggia la figura orribile e grottesca dell’uomo solo al comando, il Tiranno, mentre intorno è tutto devastazioni e miseria. Su quella di fronte invece c’è la rappresentazione della Città e del suo territorio senza alcun riferimento ad un capo o a capi che la governino: da ciò pace e prosperità. Nella parete più piccola tra le due citate c’è l’Allegoria del Buongoverno. Questa ha per base portante una lunga schiera di cittadini tutti disegnati rigorosamente della stessa altezza. Il gruppo è dominato dalla figura allegorica della Concordia (concordia tra i cittadini, quindi censura ai partiti che si scontrino per la presa del potere) sulle cui ginocchia poggia una mostruosa pialla da falegname: il primo che avesse osato alzare la propria testa sopra gli altri … sciuuum! … la pialla gliel’avrebbe subito riportata all’altezza giusta. E pensare che fior di storici locali sostengono ancora che quella non fosse una democrazia, mentre oggi invece …

LA DEMOCRAZIA E’ PASSATA DI MODA

Ma torniamo a noi.

La cosa che più mi inquieta di tutto questo chiacchiericcio intorno alla Città è che mai, ma proprio mai, c’è il minimo barlume di riflessione sul fatto che ciò che è successo (e ancora i più non hanno capito che il peggio deve ancora venire) è strettamente collegato al crollo dei livelli di democraticità del sistema Siena (tanto per dirne una: qualcuno dei meno giovani si ricorda le affollatissime e accalorate discussioni di popolo nelle sezioni dei maggiori partiti senesi ? cosa ne è rimasto?). Fatto sta che nessuno, ma proprio nessuno, si azzarda neanche a “insinuare” che dal baratro si può uscire (o comunque si smette di precipitare ulteriormente) solo alzando quei livelli di democrazia.

 E quanto più veloce e profondo fosse quel processo, tanto più facile sarebbe il recupero socio-economico della nostra comunità. Invece tutto il dibattito gira intorno alla scelta e alle qualità del mitico “capo” che dovrebbe assicurare il cambiamento, magari chiamando, lui, il popolo (non il contrario) a concione. Della serie “armiamoci e partite!.

L’ho già scritto più volte (ma nemo propheta in patria) che l’attuale crisi economica a Siena (e nel Paese) è cominciata non nel 2008, ma negli anni ’80 del passato secolo, con l’arrivo a Siena dei “decisionisti” Luigi Berlinguer e Pierluigi Piccini (nel Paese invece coincise con l’arrivo al potere del “decisionista” Craxi).
E’ da allora che il potere ha cominciando a concentrarsi sempre più in poche mani, peggio, in due sole (Berlusconi, Napolitano, D’Alema e Renzi erano e sono d’accordo sulla necessità assoluta di dare maggiore potere all’esecutivo a totale svantaggio del potere dei rappresentanti del popolo in Parlamento ). Ed è da allora che quella crisi, a Siena come nel Paese, è progredita forse fino a superare il punto di non ritorno in questi ultimissimi anni.

MA COME SI PUO’ ANCORA CREDERE CHE UN “POLITICO” PENSI AGLI INTERESSI DEL POPOLO INVECE CHE AI PROPRI?

Questa è una Città, fatte le dovute proporzioni, colta come poche altre. Le sue grandi istituzioni pubbliche hanno prodotto solo ceto medio e medio alto e intellettuali, mentre la classe operaia è quasi inesistente da sempre. Eppure non è stata capace di capire che quel processo di concentrazione del potere, ossia la costante e crescente riduzione dei livelli di democrazia (si pensi al passaggio del potere da Piccini al suo pupillo infedele Mussari) con la conseguente trasformazione dei cittadini in sudditi, alla fine ci avrebbe trascinati nel baratro.

Eppure non c’era bisogno di scomodare Machiavelli per capire che nella storia e nell’attualità non c’è autocrate che non abbia perseguito il proprio interesse invece che quello del suo popolo. Questo vale per Alessandro Magno come per Cesare o Napoleone e per centinaia di altri autocrati ancora oggi celebrati, mentre invece sono stati i più grandi macellai della storia dell’uomo. Dante, fiorentino ovviamente, getta Bruto nel fondo dell’Inferno come regicida, ma la Repubblica di Siena lo fa raffigurare in Palazzo comunale come campione della libertà repubblicana.

Quella stessa Siena repubblicana da cui direttamente o indirettamente discende, caso unico in Italia e forse anche oltre, ancora oggi l’80% della nostra vita sociale, culturale e economica (banca, ospedale, università, turismo). Da qui la caratteristica di una comunità ricca e colta. Per cui quelli di 7 o 800 anni fa avrebbero dovuto essere politici di assoluta genialità. Invece no, visto che allora non si celebrò neanche un solo politico, tanto che il nome di nessuno è arrivato fino a noi (a parte Pandolfo Petrucci “signore” per 20 anni a cavallo tra Quattro e Cinquecento, quindi cacciato a furor di popolo). Infatti la Siena di allora fu opera collettiva e determinata di un popolo, ossia “democratica”, tanto democratica che ancora noi oggi ne godiamo i frutti.




Quello che voglio dire è che la prosperità di un popolo, sia nella storia che nell’attualità, dipende solo dal popolo stesso, mai da un magnate della politica. Si pensi alla Grecia Classica e quindi alla civiltà comunale (i liberi comuni italiani erano le città più ricche e colte d’Europa): da quei periodi ci sono pervenuti a centinaia i nomi e le opere di pensatori, letterati, artisti, e architetti, come mai nel resto della storia, ma non il nome di un solo politico. Oppure si pensi all’oggi degli stati più civili del pianeta come la Danimarca, la Svezia, ecc.: chi è in grado di citare il nome del politico o dei politici illustri responsabili del raggiungimento di quel livello di civiltà, visto che ignoriamo il nome perfino dei politici attuali? E tanto per dire: quei popoli invece il nome del decisionista Berlusconi (fasso tuto mi) lo conoscono bene!


QUELLO CHE POTEVA ESSERE E CHE NON POTRA’ ESSERE MAI PIU’

Utopia? Solo sterile teoria? Può darsi. Ma chi ha l’età giusta se lo deve ricordare che se democraticamente fosse stata sottoposta a referendum cittadino la privatizzazione del Monte nel 1995, il NO avrebbe stravinto. Il Monte sarebbe arrivato alla crisi del 2008 come era arrivato alle tre maggiori crisi che l’avevano preceduta (fine ‘800, primo e secondo dopoguerra), ossia in perfetta salute e straboccante liquidità mentre tutte le banche private grandi e piccole fallivano. 
E’ anche e soprattutto grazie a quelle crisi che era diventato quello che era diventato. Oggi sarebbe la più grande e facoltosa banca d’Europa. E Siena la città più ricca e tra le più potenti d’Italia. Invece il già glorioso Istituto è arrivato alla crisi come tutte le banche private: tecnicamente fallito e mantenuto in piedi a carico dei contribuenti.
La Città che non doveva ringraziare nessuno perché si era sempre costruita tutto da sola e che era sempre stata una grande piccola orgogliosa capitale, sta regredendo al livello di quello che avrebbe sempre dovuto essere, un paesone.

Conclusione: se non si sveglia il popolo ma si sveglia un capo, ne vedremo ancora delle belle.




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