sabato 18 febbraio 2017

Prefettura incapace all'Hotel Rigopiano: come D’Alessio ha fatto partire i soccorsi

«Sì, sono io l’uomo che ha creduto a Quintino Marcella e ha chiamato i soccorsi». In questa storia di tragici pasticci e fatali sottovalutazioni, c’è qualcuno che alla fine risponde al telefono, ascolta chiedere aiuto in modo esagitato a una voce sconosciuta che parla di un disastro all’hotel Rigopiano e si attiva subito per far scattare l’intervento a Farindola.



Quest’uomo si chiama Massimo D’Alessio e sarà ricordato per un comportamento che è l’esatto opposto di quello della funzionaria della prefettura che ha definito in maniera sprezzante una bufala l’sos lanciato da Marcella, provocando ritardi forse letali.

D’Alessio è abituato alle emergenze: lavora per una ditta di trasporti a 40 chilometri da Pescara, ma la sua vita è dedicata alla Protezione civile, di cui è membro dal 2008 nel gruppo Volontari senza frontiere. La catena di incomprensioni è ormai nota: alle 18.03, Giampiero Parete, il cuoco dell’hotel, travolto dalla valanga ma vivo, dopo aver già chiamato il 118 un’ora prima, contatta l’amico ed ex datore di lavoro Marcella. Il ristoratore di Silvi Marina chiama a raffica 112, 118 e 113. Dopo la risposta scettica della funzionaria non si dà per vinto e ci riprova. Finché dall’altro lato del telefono risponde D’Alessio, che ora può rivelare dettagli inediti su quelle ore. Due su tutti: lui rispose per caso e per un errore, e sua moglie chiamò Parete. Vuol dire che al Rigopiano la linea prendeva ancora.


Andiamo con ordine, D’Alessio. Dov’era quando ha ricevuto la telefonata?
«Sotto casa, stavo parcheggiando. Avevo appena finito il turno, mi avevano mandato alla golena nord del fiume Pescara per monitorarne l’esondazione. Proprio per questo motivo ero passato in questura e avevo dato il cellulare. Ma non dovevo essere io a ricevere quella telefonata, è stato un errore…».

In che senso un errore?
«La questura aveva il mio numero per le esondazioni. È una procedura standard: al 113 lascia il proprio numero chi si trova più vicino all’emergenza. Solo che nel mio caso l’emergenza era il fiume, non una valanga in montagna a chilometri di distanza. È stato bravo Quintino a insistere».

A che ora riceve la telefonata?  
«Alle 18.57»  

E cosa succede?

«Quintino gridava, era esasperato. Gli ho detto “aspetta un attimo, calmati, così non capisco”. Gli chiedo il nome e il cognome e cerco di tranquillizzarlo. Gli spiego che avevo necessità di avvisare almeno chi avevo intorno, non potevo certo dirgli che partivo subito io per il Rigopiano. Metto giù e chiamo il mio capo dei Volontari senza frontiere, Angelo Ferri che si attiva immediatamente, mentre io chiamo la prefettura».

La prefettura che aveva già rimbalzato l’allarme di Marcella.  
«Esatto. Chiamo anche la questura e i carabinieri di Penne. Le registrazioni parlano chiaro. In questura, dove sono stato ascoltato come testimone, me le hanno fatte sentire. Tutto dura una quarantina di minuti. Compresa Anna, la mia compagna, che chiama Parete…» 

Un attimo, come Parete? E che c’entra la sua compagna?
«Quintino mi aveva dato il suo numero. Ero a casa, ho coinvolto Anna perché è architetto e si occupa di ricostruzione. All’inizio pure lei, quando le ho detto che era crollato l’hotel Rigopiano, sembrava scettica. “Come fa ad essere crollato? – mi dice – Ci sono stata, è in cemento armato”. Appena le accenno della slavina, però, sgrana gli occhi e capisce. A quel punto chiama lei Parete…»  

E cosa le dice?  
«Urlava che si trovava lì ma non vedeva più l’hotel, che era preoccupato per i figli e per la moglie ancora sotto le macerie, ma anche per la sua incolumità. Aveva paura che cadendo ancora neve potesse essere investito pure lui».

Cosa ha pensato quando ha letto della funzionaria che non ha creduto a Marcella?  
«Non so quali siano le loro procedure. Ma io dalla prima chiamata di Quintino non ho smesso di fare quello che dovevo fare. Noi della Protezione civile non diciamo mai “forse”, “non credo” o cose così. Noi partiamo, subito. Anche ora vorrei partire…».

Per dove?
«Per Penne. Ho dato la mia disponibilità, aspetto la chiamata»





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