giovedì 21 settembre 2017

Sempre più attivisiti M5S dicono: la figura del premier non deve coincidere con quella del capo politico


Nemmeno il tempo di godersi la consacrazione che Luigi Di Maio si trova a vivere il paradosso di molti leader
 Essere in cima al suo Movimento, celebrato come imminente candidato premier, dotato di fama e potere politico, e allo stesso tempo diventare il principale bersaglio di una guerra interna tra i grillini. Locale e nazionale
Perché quello che avviene in Sicilia ha conseguenze collaterali sulla sua ascesa alla testa del M5S. In un momento che tra l’altro non è dei migliori ed è tra i più turbolenti della già vivace storia dei 5 Stelle. Al candidato governatore Giancarlo Cancelleri, uno dei suoi uomini più fidati, Di Maio non ha legato solo un pezzo di campagna elettorale, con il tour in Siclia, le camicie bianche, le cravatte colorate sui social e le rispettive compagne fotografate sulle pagine patinate dei magazine di gossip. Ma ha legato anche il suo destino a breve termine, perché la Sicilia dovrebbe essere il risultato forte su cui il deputato avrebbe costruito la sua corsa a Palazzo Chigi

E invece le cose non stanno andando per il verso sperato. In Sicilia come a Roma, dove già si agitano le truppe spontanee degli ortodossi al seguito di Roberto Fico, contrari alla decisione di Grillo di abdicare al ruolo di capo politico e di affidarlo al vincitore delle primarie per la premiership

 Così Di Maio rischia di rimanere un leader azzoppato anzitempo e di vedere rovinata la festa della sua incoronazione a Rimini

 Per questo, dentro il M5S stanno già approntando le contromosse, legali e disciplinari. A Roma Grillo ha avuto colloqui serrati con il team di avvocati che segue le pratiche sugli innumerevoli ricorsi e si è convinto, come già aveva fatto a Genova contro Marika Cassimatis, che a questo punto è meglio procedere senza ulteriori votazioni: il candidato in Sicilia resta Cancelleri, per volontà del comico, in qualità di garante e (ancora per poco) capo politico del M5S

Allo stesso modo, Grillo è pronto a usare il suo potere per calmare la fronda interna
Già trapelano le prime minacce di sanzioni, se i più riottosi dovessero continuare a picconare su Di Maio
 Ma prima di arrivare a un epilogo così drammatico Grillo ha tentato un ultimo tentativo di conciliazione
 Lunedì ha chiamato Fico per chiedergli un faccia a faccia a Roma, prima della partenza
 Il deputato, secondo fonti vicine a entrambi, avrebbe rifiutato di incontrare il leader

 Fico considera inaccettabile che Grillo si svesta del ruolo più importante. «Beppe devi restare tu il capo politico, non può diventarlo Luigi, serve una figura super partes». «Ma io - è stata la risposta del comico - rimango il garante»

 Non è solo Fico a chiedere che Di Maio non diventi capo politico. Sono tanti parlamentari e tantissimi dai territori, tra eletti e non

 Ieri Luigi Gallo, deputato che più di altri si è intestato una campagna pubblica sui social, ha rilanciato una lettera sottoscritta dai consiglieri piemontesi: «Beppe - scrivono - riteniamo che la figura del premier non debba coincidere con quella del capo politico»

 Ma Grillo vuole tornare ai suoi spettacoli, calcare palchi dove si sente più a suo agio, lontano dai rituali rissosi della politica

 Questa volta sembrerebbe deciso. In realtà lo era anche due anni fa, ai tempi del direttorio, ma non funzionò e alle prime liti si dissolse, costringendolo a tornare

Secondo il deputato Angelo Tofalo «la dizione capo politico vale per il Parlamento. Grillo resta garante e capo politico, inteso nel senso più ampio»

 Ma sono rassicurazioni di facciata. Memore di quanto accaduto con il direttorio, Grillo ha delegato a Davide Casaleggio e allo staff il compito di blindare la futura leadership di Di Maio

 Fico, e chi come lui vorrà alzare polveroni, è avvertito: in virtù della sua nuovo carica, Di Maio potrà sanzionare chiunque voglia detronizzarlo

 Potrebbe essere il preludio a nuovi addii, anche perché in campagna elettorale non verranno tollerate critiche

 In tutto questo c’è da capire che parte sta interpretando Alessandro Di Battista. Ha promesso di parlare dal palco di Rimini, per spiegare perché non si è candidato contro Di Maio, lasciando che a sfidarlo fossero degli illustri sconosciuti, in una gara dai risvolti comici

 Intanto però Di Battista è rimasto nascosto, come sa fare solo lui, senza sbracciarsi troppo di elogi per l’amico Luigi con cui ha stretto un patto di non competizione

 Ma i patti, in politica, si fa in fretta a stracciarli



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